Perché Google smetterà di tracciare gli utenti sul web

Perché Google smetterà di tracciare gli utenti sul web per la profilazione pubblicitaria?

Le crescenti preoccupazioni per la privacy hanno convinto il gigante dell’advertising online a ridimensionare la sua capacità di tracciare gli utenti

di Luca Tremolada

L’anno prossimo Google smetterà di tracciare gli utenti sul web per personalizzare le pubblicità. In omaggio alla crescenti preoccupazioni per la privacy, il più grande colosso di pubblicità digitale del mondo, ha confermato di volere ridimensionare la sua capacità di profilazione dell’utente.

«Mantenere Internet aperto e accessibile a tutti richiede a tutti noi di fare di più per proteggere la privacy – ha dichiarato sul blog di Google David Temkin, Director of Product Management, Ads Privacy and Trust -. E ciò significa porre fine non solo ai cookie di terze parti, ma anche a qualsiasi tecnologia utilizzata per tracciare le singole persone mentre navigano sul Web».

Tradotto significa due cose. La prima è che come annunciato lo scorso anno verrà rimosso da Chrome, il browser di Google, il supporto per i cookie di terze parti. Vuole dire rinunciare a quelle “tecnologie” che seguendo gli utenti nella loro navigazione web, consentono di avere un profilo molto più preciso di chi sta navigando. E la seconda che hanno trovato un modo per rinunciare al tracciamento pubblicitario senza perdere soldi dagli investimenti pubblicitari.

«I nostri ultimi test sulla tecnologia FLoC – scrive Temkin – mostrano un modo per eliminare efficacemente i cookie di terze parti dalle tecniche pubblicitarie, rendendo anonimi i singoli individui all’interno di grandi raggruppamenti di persone con interessi simili».

La privacy diventa elemento di marketing

L’anno scorso, secondo Jounce Media, società di consulenza in materia di pubblicità digitale, Google occupava i 52% di tutti gli investimenti pubblicitari nel digitale. Parliamo di una cifra pari a 292 miliardi di dollari. Per i concorrenti si aprono indubbiamente nuove opportunità, ha ammesso David Temkin, tuttavia «non crediamo che queste soluzioni soddisferanno le crescenti aspettative dei consumatori per la privacy, né resisteranno alle restrizioni normative in rapida evoluzione, e quindi non sono un investimento sostenibile a lungo termine.».

Ridimensionare la sua capacità di conoscere i propri utenti evidentemente è diventata un prezzo da pagare accettabile per venire incontro alla crescenti preoccupazione degli utenti sulla privacy. E anche per anticipare le richieste dell’Europa che con il Digital Services Act intende riscrivere nei prossimi due anni i rapporti con le grandi piattaforme digitali.

Fonte: il sole 24 ore

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